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Dott. GIUSEPPE MAZZARINO

Giornalista e scrittore

UN DOPING ALIMENTARE DELL'ANTICHITÀ? IL CASO DELL'ATLETA DI TARANTO

La tomba dell’Atleta di Taranto, rinvenuta nel 1959 in via Genova – unica deposizione integra di un atleta in tutto il mondo greco – fece gridare alla scoperta della sepoltura di Icco (Ikkos), un celebre pentatleta tarantino, in seguito ginnasiarca (qualcosa di più di un allenatore odierno), dietologo, esponente della scuola pitagorica, considerato il fondatore della Medicina dello Sport e passato alla storia anche perché onorato da citazioni di Platone e Pausania.
Purtroppo la suggestiva identificazione si rivelò ben presto impossibile.
Intanto, perché le anfore panatenaiche poste come segnacoli ai quattro capi della cassa in carparo, databili fra il 500 ed il 480 a.C., risalgono a mezzo secolo prima della fioritura di Icco e delle sue vittorie olimpiche (una sola è sicura, quella del 444 a.C.; altre sono presunte). Non solo.

Icco era di scuola pitagorica, tendenzialmente vegetariano e molto frugale, tanto che “il pasto di Icco”  passò addirittura in proverbio per indicare un desinare austero e ridotto; ebbe lunga ed onorata carriera e morì molto anziano.
L’Atleta morì invece molto giovane, in una età compresa fra i 27 ed i 30 anni, comunque non oltre i 35 anni, quasi sicuramente per uno squilibrio metabolico indotto da una alimentazione iperproteica fortemente sbilanciata, una sorta di doping ante litteram o peggio di quei trattamenti forzati prolungati ai quali erano sottoposti gli atleti della defunta Germania Est. Dall’esame paleopatologico delle ossa (ma altri sono attualmente in corso, utilizzando metodiche più progredite) risulta che si nutriva quasi esclusivamente di carne, oltreché di molluschi e crostacei (da cui l’alto livello di rame e soprattutto di arsenico nelle ossa) che probabilmente raccoglieva egli stesso, immergendosi in Mar Piccolo, come è documentato da una escrescenza ossea nel condotto uditivo esterno tipica dei nuotatori in profondità, con un apporto di carboidrati pressoché irrilevante.
Le diete iperproteiche, a base quasi esclusivamente di carne, costituivano già in antico un motivo di forte contrasto fra gli allenatori, che le propugnavano perché consentivano un rapido accrescimento di masse muscolari e miglioravano nel breve periodo le prestazioni agonistiche, e i medici che disapprovavano (in compagnia di vari intellettuali, peraltro, fra i quali Aristotele) tanto il professionismo atletico quanto i regimi alimentari propugnati da allenatori senza scrupoli.
Claudio Galeno (II secolo d.C., fu considerato il continuatore di Ippocrate ed il vero “fondatore” della medicina scientifica; le sue dottrine domineranno la scena medica occidentale almeno fino al XVI secolo), per esempio, attacca radicalmente il professionismo atletico, che produce disarmonia nel corpo, e soprattutto quegli “allenatori” che osano addirittura vantarsi di essere quasi dei medici: gli atleti professionisti, dice Galeno, “accumulano in massa muscoli e sangue, ma la loro anima è spenta, come sommersa sotto un cumulo di melma… è vero che gli atleti traggono qualche giovamento dalla loro attività, ma capita che gli allenatori prendano sotto la propria guida molti atleti dal fisico in tutto armonioso, li facciano ingrassare rimpinzandoli di carne e di sangue e, così facendo, ottengano il risultato contrario, ne facciano cioè diventare alcuni brutti e deformi”. Il grande medico di Pergamo giunge a paragonare gli atleti professionisti ai porci: “Si vede infatti come l’intera loro esistenza sia riassunta nelle cose che seguono: o mangiano, o bevono, o dormono, o evacuano o si rotolano nella polvere e nel fango”.
Sulla precoce morte dell’Atleta c’è anche il sospetto di un avvelenamento: era certamente molto ricco (fra le anfore panatenaiche c’è una che raffigura la corsa delle quadrighe, sport costosissimo, dove vincitore era proclamato il proprietario della scuderia, non l’auriga), e qualche congiunto avrebbe forse voluto accaparrarsene i beni. Di certo, lo squilibrio metabolico fu quantomeno concomitante.
Questo atleta. che potrebbe davvero essere stato il campione dei campioini, se le anfore panatenaiche ai capi della tomba dovessero davvero indicare vittorie conseguire nelle Grandi Panatenee, resta comunque anonimo; una sorta di Milite Ignoto che simboleggia, proprio perché senza nome, tutti gli atleti del mondo antico. E con la sua morte precoce, comunque collegata allo squilibrio metabolico, mette anche in guardia dal pericolo del doping o della dieta forzata, specie improvvisata, che pretenda di sostituirsi all’allenamento e alla corretta nutrizione.

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